Sospendiamo il giudizio

I Social, questa dannazione. Facebook come luogo dove si può trovare il peggio del peggio, le onde della Rete come un oceano, dove è facile perdersi -  ancora più facile essere irretiti da anime perdute - il profilo Instagram come identità sociale del nuovo millennio, in un mondo rovescio dove un servitore dello Stato rischia la vita per quattro palanche, mentre un'influencer che si cambia, o una youtber di successo che si trucca, sono capaci di portare a casa un capitale ogni mese. 
Noi vecchi restiamo straniti, inutile negarlo. 
E' un mondo strano, alieno, nel quale non ci sappiamo muovere. Esposti a tutte le insidie tipiche di questi mezzi, senza possedere gli anticorpi sui quali possono contare i millennials, come pure i loro fratelli di poco maggiori, ne siamo spaventati, e restiamo basiti nel vedere i giovani con l'occhio incollato allo schermo, 24/24. Ci sembrano una turba di automi, incapaci di comunicare se non tramite byte, estraniati dalla realtà, persi in un mondo virtuale dal quale non li crediamo capaci di riemergere, per instaurare un rapporto umano e reale. 
Poiché sono una donna curiosa, sono andata a sondare il terreno con il mio millennial o quasi. Il gaglioffo. Il quale, come da manuale, passa al PC ore e ore al giorno. 
Che ci farà mai, 'sto ragazzo, al computer o al suo fratello minore, lo smarphone? 
Ci legge il quotidiano, e approfondisce su siti autorevoli e internazionali; ci scarica le slide del prof, sbobina le lezioni registrate all'uni(versità), ci guarda film e serie TV, gioca ai videogame con amici sparsi per l'intero globo terracqueo, di tanto in tanto chatta con il fratello che vive a 10.000 km da lui, e anche con quello che dista 300 km. Soprattutto quando viene a Milano e quindi si devono vedere, assieme alla sorella. In Rete trova informazioni sulle sue passioni: documenti, testimonianze, articoli, e ogni cosa gli serva per arricchiere il suo bagaglio culturale. C'è su Instagram, e lo usa molto più di FB, ormai diventato "un covo di vecchi", ma non mi pare che i suoi rapporti, con amici e ragazze, si limitino alla sfera immateriale. Su Spotify ascolta musica, ma segue anche lezioni di filosofia, sociologia, storia e letteratura, realizzate da autentici mostri sacri del settore. Oggi, andando a Treviso, mi ha fatto ascoltare una lezione di storia che mi ha lasciata senza parole. E ci credo: la teneva un docente di Harvard. 
E i suoi amici? Ecco, con quelli non chatta. Non parlano via whapp, on line giocano ma chiacchierano poco. Le chiacchiere le riservano a quando si incontrano davvero (e lo fanno ogni volta che possono), una sera un gruppo, una sera l'altro, finché i due gruppi (o tre, quattro, quanti sono...) si infiltrano l'uno con l'altro. E fanno del loro meglio per vedersi, di persona, anche con gli amici lontani, organizzando trasferte in altre regioni, o raccogliendosi tutti qui da noi (i vantaggi di avere avuto una famiglia grande sono gli spazi che restano a disposizione, quando il nido si svuota). 
Quando ci parli, con lui o con i suoi amici, ti trovi davanti dei giovani adulti sereni, informati, consapevoli e colti. Ragazzi che sanno parlare di politica con cognizione di causa, con una lodevole capacità di pensiero laterale e con conoscenze quasi mai limitate al campo di cui si interessano "di mestiere". Persone interessanti, mature, complete, con una rete sociale forte, tutto attorno, e rapporti umani veri e duraturi. 
Eppure, a vederli "da fuori", passano la vita attaccati al PC. 
Chi crede che non esista vita oltre Instagram, sospenda il giudizio, e si informi sul campo. Scoprirà che è ben coltivato, anche se con mezzi poco noti a noi trapassati. 


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