All'amica che ha scritto un romanzo e lo vorrebbe pubblicare
Questo è un post per aspiranti
scrittori. Da brava scribacchina fallita, posso dire la mia sull’argomento.
Problema numero uno: viviamo in un Paese
dove tutti scrivono, ma pochissimi leggono. E’ un po’ come aprire un negozio di
cappelli un paese di gente senza testa.
Problema numero due: come dice un
libraio amico mio, scrivere un buon libro è solo in 5 % del lavoro. Quello che
segue, trovare qualcuno che te lo pubblichi e te lo distribuisca, è un’avventura.
Anche perché il 99% di quello che viene prodotto è impubblicabile (questo me lo
scrisse una volta Severgnini).
A chi soffre, come me, di questa
incoercibile necessità di scrivere, suggerisco innanzi tutto di leggere.
Divorate libri come se non ci fosse un
domani, ragazzi, e fatelo con i sensi ben all’erta: perché vi piace quel
romanzo? Qual è il suo punto di forza? La storia regge, riesce a catturare il
vostro interesse e a trattenerlo fino all’ultima pagina? C’è qualcosa nello
stile a rendere unico quell’autore?
E non parlo dei libri di successo: non
sempre i best seller sono i migliori. Però fra di essi non sono pochi gli
autori davvero in gamba. Ci sono, ed è con loro che ci dobbiamo confrontare:
sperare di pubblicare un romanzo sul quale si è addormentata anche la nostra
migliore amica è una chimera.
Poi, dobbiamo fare appello a tutta la
nostra umiltà: la creaturina che stiamo covando da mesi, quelle pagine
grondanti sudore, quella storia che a noi piace tanto, agli altri potrebbe fare
schifo. E’ una possibilità da tenere ben presente.
Non date da leggere la bozza iniziale
alla vostra zia preferita, alla mamma, al vostro fidanzato superinnamorato.
Piuttosto, datela in mano alla vostra
amica più cinica, quella incapace di mentire per amor di pace. Quella sincera
fino alla brutalità, capace di dirvi che quel vestito vi stringe sui fianchi o
che il vostro ragazzo vi sta usando. Un’amica così è una risorsa, per un
aspirante pennivendolo. Più vi massacrerà, più vi farà bene. Gli applausi a
scena aperta non aiutano a tirare fuori il meglio di noi, credetemi.
Parlo per esperienza: una mia cara
amica, affettuosamente detta il crotalo, ha fatto scempio della prima stesura
del romanzo al quale sto lavorando. Pezzo per pezzo, me l’ha demolito,
indiandomi con spietata sincerità tutto quello che non funzionava. Poi, di
fronte a Ground Zero, ha affermato che, lavorandoci, aveva delle ottime
potenzialità.
Il che mi ha motivato a riprenderlo in
mano, ben decisa a migliorarlo.
Il che, nel mio caso, non significa
scrivere. Significa tagliare.
Potare, sfalciare, snellire ed
eliminare. Senza pietà.
Noi sedicenti scrittori amiamo le parole
che partoriamo: ogni scarrafone è bello a mamma sua. Se ci dicono di tagliare,
soffriamo, come ci chiedessero di rinunciare a un arto.
E invece, via di machete. La sintesi
favorisce l’incisività, e parlarsi addosso non è la via migliore per farsi
leggere. Se possiamo dire la stessa cosa con meno parole, facciamolo.
Rileggersi e tagliare, più e più volte, fino a distillare il meglio,
quello che serve davvero alla storia.
Così, forse, ci sarà qualcuno che ci
leggerà con autentico piacere.
Se, viceversa, tendete ad essere troppo
sintetici, ricordatevi che Ungaretti ce n’è uno. Dalla prosa asciutta al testo
arido non c’è che un passo. E a sottintendere troppo c’è il rischio di non
essere capiti.
Infine, non abbiate fretta. Lasciate
decantare il vostro lavoro, dedicatevi ad altro, riprendetelo dopo qualche
tempo e rileggetelo cercando di separarvi da lui.
Come con i figli: volendo valutare ciò
che fanno, dobbiamo prendere le distanze. Sennò l’amore prende il sopravvento e
la capacità di giudizio va a farsi benedire.
Fatevi correggere da uno bravo. Se volete far sul serio, da un editor
professionista.
Tenete i piedi ben saldi a terra: ogni
anno si pubblicano, solo in Italia, 60.000 titoli nuovi. E la media di vendita,
best seller compresi, è di 200 copie l’uno. Come dire che ci sono libri che
vendono tre copie…
La scrittura è passione, ma per farla
diventare un mestiere ci vuole anche fortuna. Tenete i piedi per terra, siate
autocritici e non ci investite troppo, sulla vostra creatura di parole. Il
mondo è pieno di sedicenti editori che si nutrono dei vostri sogni: se vi
chiedono soldi per pubblicare, non sono editori. E se sono editori piccoli,
anche se seri, saranno le librerie a non ordinare il vostro libro, anche se
richieste di farlo. E anche questa è una triste esperienza personale…
Tuttavia, anche se solo qualche
centinaio di persone leggerà quanto avete scritto e vi dichiarerà il proprio
entusiasmo, sarà una soddisfazione immensa. Un sogno diventato realtà.
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