Misteri dolorosi e coordinate GPS
Il diavolo fa le
pentole ma non i coperchi, dicono.
E hanno ragione: difatti
apro il frigo e che ci trovo? Una confezione di gelato semiliquefatto e da
buttare. Qualche divoratore clandestino ha consumato gelato e delitto sul posto,
cercando di dissimulare ogni traccia del suo passaggio. Peccato che, nella
fretta, abbia sbagliato scomparto e si sia fatto beccare dall’Intelligence di
Casa per Caso.
Pensando a un
gaglioffo in vena di gozzoviglie notturne, mi stizzisco non poco. Ben decisa ad
esternare tutta la mia indignazione, gl’invio un sms nel quale gli chiedo se
conosca la differenza tra frigo e freezer, se sappia dove si trovano l’uno e l’altro
e se abbia problemi di orientamento, dato che li confonde così facilmente.
Polemicamente, gli
domando altresì se sia in grado di reperire senza ausilio esterno l’attrezzatura
necessaria, in caso di minzione, o se la sottoscritta (in qualità di ditta
produttrice) sia obbligata a fornirgli le necessarie coordinate GPS.
Le mie offensive
allusioni lo spingono a una risposta tanto pronta quanto piccata: “Non c’entro
niente!”
Il messaggino è
seguito dopo mezz’ora da una telefonata sdegnata: “E allora? Perché accusi me? Che
bisogno avrei mangiare di nascosto?! Mica sono grasso, oppure in dieta! Qui
sento odore di papà… Mr. Colesterolo Alto. Quello col fisico scolpito. Il
medico, anzi lo stokologo! Quello che cura gli altri e poi s’infila in frigo a
fare razzie appena tu ti distrai…”
“Ok, ok, ok. Scusa,
hai ragione. Mi rivolgerò a lui per rimostranze e contromisure. A dopo!”
“Tzé. A dopo…”
Altro che i misteri di
Casa per Caso. Qui siamo in piena tragicommedia. Di cui passo a narrare l’ultimo
atto: il colpevole di furto di prodotti refrigerati e alterazione di scorte
alimentari rientra a casa esausto, dopo tredici ore di ospedale. Condizione che
già tarpa le ali alla mia ira funesta, perché quando è arato in quel modo lì
non ce la faccio proprio a prendermela con lui.
Raccogliendo ciò che
resta della mia collera, lo affronto, chiedendogli ragione dell’accaduto.
Mi spalanca due occhi
enormi e innocenti, di fronte ai quali non mi commuovo. Rendendosi conto che la
popolazione della Stamberga è troppo calata per sperare di poter contare su
qualche figlio di scorta sul quale gettare la responsabilità delle sue azioni,
il nostro si arrende all’evidenza.
E mi chiede con voce
neutra: “Fuori? Davvero l’ho lasciato fuori? Mi sono distratto…”
“Già. Bravo!
Complimenti veramente…”
“Vedi tesoro? Io non
sono uno che fa le cose di nascosto…”
SMACK, SMACK, SMACK...
“Finiscila, infame! Le
fai di nascosto sì! Solo che sei così tordo che ti fai beccare ogni volta…”
SMACK.
“Che c’è di cena? Oggi
non ho nemmeno pranzato…”
Eccolo lì. Sempre così
mi frega, chiudendo la partita a suo favore: non mi resta che nutrirlo. In modo
corretto, stavolta. Almeno finché lo tengo sott’occhio…
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