Dal parrucchiere
Non
resistono. Nessuno di loro. Non ce la possono fare. La nostra testa, quando
esce dal loro salone, deve essere la riproduzione esatta di quella delle modelle
scolpite con tagli ultimo grido. Peccato che le nostre facce, al di sotto di
quelle testoline impeccabili, viceversa pecchino. Molto, nel mio caso.
Gli
scellerati hair-stylist concedono
qualche eccezione solo alle nonnette, quelle tradizionali, con i capelli
azzurri e i salsicciotti di permanente. A tutte le altre clienti, gl’infami devono
fare il lavaggio del cervello, oltre a quello dei capelli.
Eccoci
dunque circolare tutte rosse, tutte biondo paglia, tutte con le meches
multicolor (ve lo ricordate quando ci facevano i colpi di luce che sembravano
pennellate di un madonnaro? che avevamo la testa somigliante a un posteriore di
gallina?) per poi pittarci a banda larga, a riga stretta, a fascione trasverso
e, più di recente, con la ricrescita. Tutte ‘ste ragazzine con i capelli
bicolor come il pennello di tasso con cui si faceva la barba il mio papà. Procioni,
mi sembrano.
Che
poi se una moda impazza, impazza: ecco dunque femmine dal tono olivastro, con
ombre sospette sotto il naso e l’occhio nero pece esibire una chioma platinata
stile Marilyn. Che con il sopracciglione nero e folto alla Cucinotta sono
credibili quanto lo sarei io con la zazzera corvina.
Oltre
a tutto, tagli, pieghe e colori diventano virali: tutte lisce, tutte
superfrangiate, tutte bionde a metà. L’esercito dei cloni.
Sconsolanti
poi i tentativi hand-made: lo shatush fatto in casa ha l’aria di un incidente.
Le sventurate pare abbiano immerso le ultime propaggini delle chiome in un
secchio di acqua ossigenata.
Ma
si rendono conto di che responsabilità hanno, i nostri amici mani di forbice? Non
si sentono colpevoli di innescare queste reazioni a catena con conseguenze
inguardabili?
Mah.
Forse perché tosare è il loro mestiere, ci vogliono tutte pecore.
Attualmente,
come si diceva, va il frangione. Enorme, invadente, cala sugli occhi peggio di
una benda. A me le punte dei capelli scalzano le lenti a contatto, per cui le mie
difficoltà di visione non dipendono solo dalla cortina capelluta che la ostacola.
Questa moda mi rende impossibile sfruttare anche le opzioni offerte dall’ottica
di ultima generazione.
Ieri mattina,
osservando con occhio critico lo champignon che mi era cresciuto sulla testa,
di un biondo abbacinante per via del troppo sole preso in bici, mi sono resa
conto che l’effetto berretto era compiuto.
Nonostante
il caldo, ho avuto un brivido e in un impeto di energia ho deciso di
ribellarmi.
Ho
riesumato una foto d’antan, nella quale in effetti avevo le meches mimetiche,
però il taglio era scalato proprio come piace a me. E poi calava verso il basso,
un po’ come una cornice: ragazzi, ho il mascellone da germanica. Non posso
sopraelevare le mie ciocche: piuttosto farle calare, scendere, celare. Devono sfilare
i contorni del viso, sennò sembro Frau Angela.
Armata
della mia antica effige, ho chiesto di riprodurre esattamente quel look,
frangetta lateralizzata inclusa. Non m’importa nulla se sembro vintage. Lo
sono, e – soprattutto – a me piace così.
Devo
dire che la mia parrucchiera ha compreso il mio dramma e afferrato il concetto,
oltre alle forbici. Ha sfoltito il fungo, cambiato orientamento alle ciocche,
spento il lamè che mi si era acceso in testa. Anche questo ha contribuito a
rilassarmi: l’aureola non mi si addice. E’ come il nero corvino: non convince
su di me. Nemmeno un po’.
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