Curare i riottosi
Sembra
facile, ma non lo è.
Convincere
chi ha un sintomo sospetto a trovare il tempo per una visita medica: tutto gli
possiamo fare, ma portare i loro pezzi da aggiustare in ambulatorio al posto
loro, mentre il proprietario va al lavoro, questo no.
Indurre
chi ne ha bisogno a prendere le sue medicine: tutti, ma proprio tutti, affermano
di essere il miglior medico di se stessi. Sarà per quello che una percentuale
impressionante di malattie sono causate dai farmaci? Nulla causa tanti guai
quanto somministrazioni mancate, inopinate o a dosi sbagliate. Pratiche
autolesionistiche più diffuse di quanto si creda e soprattutto attuate anche
dagli insospettabili: ho beccato mia madre, dopo più di un ventennio trascorso
nel retro di una farmacia, ascoltando i refrain propinati a centinaia di
pazienti circa la corretta assunzione delle terapia, prendere una delle pillole
di sua cognata. Così, a casaccio: aveva un rialzo pressorio, ha tentato con il
fai da te.
Da
anni spiego a mia suocera che i suoi peggiori nemici sono i cali di pressione. Nulla.
Resta terrorizzata dall’ipetensione: l’unico modo per impedirle di
automministrarsi diuretici a gogò è stato sottrarglieli. Mio marito ogni tanto
deve fare un blitz e sequestrare ai suoi genitori scatole su scatole di farmaci
proibiti (per loro).
La
sottoscritta, purtroppo, non può però fare altrettanto con lui: data la sua
posizione professionale, ha libero accesso a qualsiasi veleno desideri
assaggiare. E naturalmente abusa di tale suo potere. A proprio danno:
confermando l’antico detto circa il medico che cura se stesso.
Poi
devo calmare gli ipocondriaci, convincendoli che non ha senso circolare con la
maglietta di lana in agosto perché se si
alza un filo di vento…
Se sudi come una grondaia in qualsiasi stagione,
prova a non vestirti come un palombaro prima di uscire.
E se prendo freddo? Prendi freddo se ti si gela il sudore addosso, mannaggia!
E se prendo freddo? Prendi freddo se ti si gela il sudore addosso, mannaggia!
Il
caldo è nemico degli anziani: perché guidare per le vie della città con il
berretto calcato in testa, i finestrini del catorcio (senza clima, ça va sans
dire…) sigillati e trentasette gradi all’ombra? Hai deciso di aver vissuto
troppo a lungo?
A
noi mamme spetta anche far presente a chi di dovere che l’abito non si sceglie
sulla base della data sul calendario ma sul tempo che fa fuori.
Le nostre
restano parole al vento (turbinoso, spesso), se poi si vedono folle di giovani
senza giacca – è aprile, che diamine! – con un tempo da lupi da sembrare
ottobre inoltrato.
Per
non parlare dell’ombrello: quello non è macho. Molto più maschio invictus farsi
una doccia a cielo aperto, arrivando dilavato e semisurgelato.
L’ottimismo
vola!
Come germi e batteri, del resto. Diamo una chance a ogni forma di vita…
Ospitiamo un bacillo. Diamo una casa a un anaerobio, permettiamo a un virus la
giusta replicazione, che diamine. E’ natura anche questa…
E
poi c’è l’ultimo grado di parentela, il peggiore. Il coniugio.
Lì
c’è da perdere la testa, e non per amore purtroppo. Per disperazione.
L’ammettere
i limiti imposti dall’età che avanza è un ignobile cedimento a sentimenti
antispartani: molto meglio rischiare la pelle continuando a comportarsi come
quarant’anni fa. Quando un uomo ti vuole convincere della legittimità delle sue
folli azioni, dimostra una fantasia nel mentire, una pervicacia nel sostenere
le sue assurde ragioni e una spudoratezza nel negare l’evidenza da farti
preoccupare. Se decidesse, invece di rischiare la pelle in bici o sul campo da
tennis, di farlo mettendo le corna a te sarebbe un vero artista. Lo
inchioderesti lo stesso – così come lo inchiodi sulla sella o con le mani nella
sacca delle racchette – ma saresti costretta a mettere in gioco tutta la tua
astuzia.
La
spudoratezza di Jurassico arriva al punto da fargli recitare la parte del pater
familias spossato dal lavoro e desideroso di pace e tranquillità. E questo solo
perché tu, cretina, gli stai consigliando una terapia in acqua che non gli va
di intraprendere.
“Insomma!
E’ tutto il giorno che mi ammazzo in quell’ospedale!!! Mi vuoi lasciare in
pace?”
Non
mi dice “donna, torna in cucina” solo perché già siamo lì.
“No.
Non ti lascio in pace. No perché se non fai qualcosa di serio in ospedale ci
finisci sì, ma come paziente. E io, sappilo, non ti farò da badante!”
Segue
broncio di due giorni e capitolazione dopo tre. Tre come le sedute dopo le
quali il nostro torna a sentirsi un leone e mi manda ai matti intraprendendo
imprese quotidiane controindicate, saltando i pasti e diventando erbivoro.
Perché,
dico io, è così difficile mettere un po’ di sale in zucca alla gente, quando si
tratta di salute? Perché curarsi a dovere deve essere come le tasse? Un dovere,
certo. Un dovere per gli altri, non per me.
Non
ne posso più. Io mi dimetto anche da farmacista domestica. Fuggo, mi do alla
macchia, faccio perdere le mie tracce e torno tra sei mesi. Secondo me, per
allora i miei problemi peggiori si saranno tutti estinti. Per autodistruzione.
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