Cura d'urto
La
cura in apparenza inizia a funzionare: dopo giorni e giorni trascorsi in
giardino, ginocchioni, a strappare erbacce, il gaglioffo si sta rendendo conto
che l’alternativa allo studio può comportare uno spargimento di sudore ben più
copioso.
La
cosa è avvalorata anche dal mio atteggiamento inflessibile: se dopo due ore di
attività il giovane rientra, desideroso di una doccia e di un po’ di meritato –
secondo lui – riposo, la qui presente aguzzina lo ricaccia all’aperto. Quattro
ore di lavoro, o niente riconoscimento economico: da quando il fatto di essere
stanchi è motivo sufficiente per abbandonare il posto di lavoro? Fosse così, le
fabbriche sarebbero ferme, gli uffici silenziosi, i cantieri immoti.
Forte
– o fortificato – dall’esperienza, il gaglioffo sta riconsiderando il suo
atteggiamento nei confronti di libri e quaderni: è già riuscito a consegnarmi
un elaborato d’Italiano accettabile.
Se
non altro, non oppone più una strenua resistenza passiva a ogni mio tentativo
di tutoring: come dire che, se il mio sistema funziona, da settembre in poi per me ce ne sarà a non
finire. Prospettiva poco allettante, ma accettabile se in
funzione di un risultato concreto.
Nel
frattempo, gli ho permesso di accettare un invito al mare, per qualche giorno con
gli amici: così, ha dovuto farsi la valigia.
La
valigia, insomma: un unico asciugamano per tutte le esigenze, numero tre
calzini, di cui due bucati, quattro magliette stropicciate e alcuni calzoncini
corti, due paia dei quali mai nemmeno provati. Il tutto sistemato come se
dentro alla borsa fosse scoppiata una granata.
Sono
intervenuta con misure coercitive anche lì, passando alle minacce d’isolamento
se non inizia a far bene le sue cose. Chissà che tra una minaccia e l’altra,
questo inizi a comportarsi come un essere umano normale.
Nel
frattempo, lui mi dileggia: “Sì, sì, tu dici che non vedo l’ora di liberarti di
noi: io già ti vedo. Vagherai disperata per le stanze della casa, chiamando dov’è il mio bambino?”
In
effetti, è partito da ventiquattro ore. E a me manca di già.
Devo
essere un’autolesionista, non c’è altra spiegazione.
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