In odore di santità
Jurassico
lo faranno santo, poveretto. Già aver sposato una come me è stato un atto di
coraggio, ma tenermi ancora, dopo tutti questi anni, ha dei risvolti di puro eroismo.
Domenica,
per esempio: parliamone.
Una
coppia di cari amici aveva organizzato una gita a Venezia, assieme ad un’altra
coppia: tutto predisposto alla perfezione, dai biglietti alla prenotazione del
ristorante. Un alone di mistero circondava i motivi dell’invito: a noi stava
solo presentarci puntuali, alla stazione dei treni. Ore nove e ventisette, saremmo
partiti tutti assieme, alla volta di una giornata di festa in ottima compagnia.
Ora,
io sono un tipo organizzato: non mi preparo mai all’ultimo minuto. Difatti, ero
già docciata, vestita e truccata (se quello che mi sbatto in faccia io può
essere definito trucco…) un’ora prima dell’orario stabilito.
Un
simile lasco di tempo, purtroppo, non rappresenta una garanzia di puntualità,
con me. Difatti, ogniqualvolta mi trovo in possesso di un tesoretto temporale, non
posso fare a meno di impiegarlo in modo utile: ogni singolo minuto viene
spremuto sino all’ultima stilla, per ricavarne la maggiore resa possibile.
Nel
nostro caso, sono riuscita a battere un post, mentre le due lavatrici finivano
il ciclo iniziato al mio risveglio, a stendere i panni di entrambe, svuotare
una lavastoviglie e metterne su un’altra (vorrai mica lasciare a carico dei
ragazzi i resti delle gozzoviglie della sera precedente, no?!), a rifare il
letto e, infine, far partire altre due lavatrici: ottimo metodo per portarmi
avanti per l’indomani. Peccato che, nel frattempo, mi sia trovata in arretrato
sull’immediato. Giusto sulla soglia, sono stata fermata dal classico imprevisto
dell’ultimo secondo: che mi ha fatto perdere i fatidici cinque minuti fatali.
Da
quell’istante in poi, è stato il delirio: il tempo per raggiungere la stazione
era troppo risicato.
“Ma
dici che ce la facciamo?” chiede Jurassico, armeggiando col cellulare. Si leva
la voce della signorina di TomTom, la quale ci annuncia che no, non ce la
possiamo fare.
“Tu
sbrigati, che prendiamo la scorciatoia!”
“E
se è chiusa?”
“Mhm,
proviamoci lo stesso! Intanto, facciamo una corsa!”
Segue
corsa di circa quattrocento metri.
“Pant,
pant, pant… Hai visto? E’ chiusa!”
“Già.
Avevi ragione, come sempre. Però ora è inutile discuterne: corri!!”
Di
nuovo di corsa, per un altro bel tratto: anche perché, con la storia della
scorciatoia, ho aggiunto altri trecento metri al tragitto. Un vero genio, non
c’è che dire.
“Non
è possibile, però… Con te è sempre così! Dobbiamo sempre ridurci sul filo del
rasoio!”
“Uff,
uff, uff… Risparmia il fiato, e corri! Cmq, hai ragione.”
“E
se non fossi così atletico? Se fossi un normale sessantenne sfiatato e fuori
forma, che faresti? Perderesti il treno!”
“Tu
intanto corri, atleta. Cmq, se tu fossi uno normale non ti avrei sposato, mio
caro.”
Vigliacca
e manipolatrice. Lo so che ci tiene, ad essere in forma… E me la gioco su
quello. Il bello è che lui lo sa benissimo, e sta al mio gioco, ridacchiando.
“Ok, ce la facciamo. Adesso possiamo rallentare, sennò arriviamo tutti
trafelati”, dichiaro, dopo l’ultima occhiata all’orologio. La signorina di
TomTom, intanto, è svenuta: le abbiamo sballato tutti i parametri del pedone
tipo.
Jurassico
si ricompone nel giro di quaranta secondi: davvvero quell’uomo è un atleta.
Camminando con passo elastico, mi comunica, minaccioso: “Guarda che la prossima
volta però comincio a romperti i omissis già
da un quarto d’ora prima. Ti avviso oggi, così non ti arrabbi: non te lo farò
fare un’altra volta!”
“Sì,
certo, certo, amore” rispondo, passandomi la spazzolina di emergenza tra i
capelli “Però devi ammetterlo. Se io non fossi così la famiglia non sarebbe
andata avanti, tutti questi anni!”
“Vero
anche questo. Però adesso basta, eh… Non deve succedere più!”
“Sì,
sì. Hai ragione. Scusa, prometto che è l’ultima volta, non lo faccio più…” belo
io, appendendomi al suo braccio, stile mogliettina fragile e incerta. Con la falcata di un ghepardo, però.
Siamo
arrivati in tempo, apparentemente in ottimo stato. Lui non era nemmeno
arrabbiato (e ne avrebbe avuto tutti i motivi), io mi ero addirittura divertita
e… qui lo dico e qui lo nego. Lo rifarò. Anche non volendo, so che ci
ricascherò. Lo sa pure lui, eppure non mi ha ancora defenestrata: l’ho detto.
Quell’individuo è un santo, a sopportarmi!
Ah,
a proposito: la gita era per una doppia festa di compleanno. Auguri, ragazzi: e
grazie della splendida giornata che ci avete regalato, a dispetto della mia
insipienza!
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