Vita piena, piena di vita
Arieccomi,
ragazzi.
Con
la Zietta Surgela andiamo benino: si è ripresa, ha riacquistato l’abituale
lucidità e ha ricominciato a dare ordini in plancia. L’ammiraglia è di nuovo
sul cassero: di tanto in tanto, la donna assume atteggiamenti che rappresentano
un incentivo alla rottamazione. Cosa che le dico a chiare lettere, facendola
ridere: il che la disinnesca all’istante. Grazie a Dio ha una buona dose di
sense of humor, la vegliarda.
Resta
il problema (grosso) della sua completa incapacità di muoversi in autonomia, ma
che la testa sia tornata sul collo va segnato come obbiettivo principale
raggiunto. Per il resto vedremo che si può fare, e che fare. Per fortuna, la
diretta interessata è perfettamente consapevole di averci scagliati in alta
emergenza: e si dimostra collaborativa nell’esplorare le varie soluzioni. Le
basta che le rimaniamo vicini, fisicamente e affettivamente.
Nota
per chi si chiede: “Ma dovevi farti avanti proprio tu…? Non ne avevi abbastanza
di rogne, nella via tua?!”
Vero.
Ma sono proprio l’unica che ha i mezzi, gli spazi, il tempo e il marito giusti.
In tutti i sensi. Ergo… la zia è mia e me la gestisco io.
A
questi e altri eventi contingenti, si aggiungono gli impegni sociali contratti
da Jurassico. Ieri sera, eravamo a cena da un suo paziente: persona gentilissima, un vero signore, molto colto e con la musica
nel cuore.
La
sottoscritta non aveva il piacere di conoscere
il nostro ospite, tuttavia aveva ben presente la consorte dello stesso: per
avere un’idea del tipo, figuratevi una Romy Schneider un po’ più carina, elegante
quanto Audrey Hepburn, che sembrava una regina anche quando scendeva un attimo
in farmacia, a comprare un’aspirina.
Ultimo
dettaglio, la location della cena: un palazzo del XVI secolo,
con tanto di saloni affrescati e stucchi ai soffitti. Robetta da niente,
insomma.
Con
premesse simili, quello stordito di mio marito mi dice: “Mah, credo sia una
cena informale… Posso venire vestito così?”
Indossava
un paio di calzoni verdini e un maglioncino azzurro, crivellato di pallini e ormai
completamente sformato. A parte l’accostamento di colori degno di un daltonico,
quel pullover ormai è diventato per lui come la copertina di Linus: sarà pure
di cachemire, ma se lo tieni anche per andare a letto diventa uno straccio per
le polveri lo stesso. Niente da fare: quando è ora di lavarlo, per riuscirci devo
operare un furto con destrezza. Quello non lo molla.
L’ho
costretto a mettersi qualcosa di più decente, pur graziandolo di giacca e
cravatta: anche perché il completo più recente che possiede l’ha acquistato per
sposare me. Sono anni che cerco di
convincerlo a comprarsi un paio di vestiti, da tenere di scorta almeno per le
occasioni istituzionali. Va da sé che
non mi dà retta.
Siamo
giunti comunque a un compromesso decente, mentre io ho cercato di acquisire un
look accettabile.
Così
credevo, almeno: peccato che mi manchino i fondamentali, mannaggia.
Accolti
con un calore e una cordialità commoventi dalla signora, abbiamo affrontato lo
scalone in marmo: il marito reggeva un vaso, con un omaggio floreale per la
padrona di casa, mentre io tentavo di reggermi in equilibrio sui tacchi.
Risultato: mi è caduta una scarpa.
Stanca
di essere sempre solo una matrigna, ho deciso di provare una mossa da
Cenerentola: nessun principe si è presentato all’appello, però. Neppure il
rospo di mio marito, che si è limitato a dileggiarmi, ingiungendomi di non
tentare il suicidio in casa d’altri.
In
qualche modo, siamo giunti a destinazione: dove ci attendeva un manipolo di signore
tutte belle e molto eleganti, tubino nero, calza scura velata e filo di perle
regolamentare. Di fronte a quelle creature dalle chiome fluenti, ordinatamente
disciplinate in ciocche che ricadevano con grazia sul viso, mi sono sentita lo
spaventapasseri della situazione. Con il mio taglio alla Mastro Geppetto, la
collana di sassi neri e le scarpe sfuggenti, sembravo proprio Wilma dei
Flintstones.
Nonostante
la nostra palese inadeguatezza, siamo stati accolti con familiarità e deliziati
con una cena, e una compagnia, di ottima qualità. Non è mancato nemmeno un
piacevolissimo intermezzo musicale: il tempo è volato. Ahimè, aggiungerei: fedele
al mio neo acquisito ruolo di Cenerentola, a mezzanotte ho dovuto chiamare la
carrozza e darmi alla fuga. La zia, alle mie implorazioni di farsi sistemare
per la notte PRIMA della mia uscita di scena per la cena, lasciando ai figli
solo l’incombenza di farla sdraiare sul letto, non aveva sentito ragioni: “Aspetto
te. Torna all’ora che vuoi, anche all’una: poi prepari e mi metti a letto TU!”
Come
i bambini. Meno male che ne ho cresciuti tanti, e so come domarli: sarà dura,
ma non impossibile. Almeno, spero.
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