Ho paura di non farcela

Ebbene sì, lo ammetto. Ho perso il controllo della mia vita e temo di non riuscire a recuperarlo. Non a breve, almeno.
Ragazzi, mi rendo conto che forse vi crollerà un mito, ma stavolta Mpc è nei guai sul serio: non riesco più a programmarmi l’esistenza. Il che mette in forse la rotta della Stamberga, il benessere dei suoi abitanti e la mia sopravvivenza stessa.  
Prendiamo una mattina a caso, a Casa per Caso. Stamattina, per esempio.
Ore sei e mezzo: la Miss è già in piedi, perfettamente truccata e vestita. Jurassico fila rapido a sbarbarsi, perché è di congresso a Trento, mentre Mpc esce dalla sua camera, in modalità fantasma formaggino. Pallida e spettrale, insomma.
Incrocio il filosofo, che mi saluta appena, con aria imbronciata: e ci credo. Gli hanno appena fregato l’ennesima bici, in stazione: un concetto per volta, sta imparando tutte le cose che NON deve fare. Lasciarla aperta, perché tanto è vecchia, non la vuole nessuno; oppure parcheggiarla in un luogo nascosto, così i ladri non la notano. Con il risultato di facilitare loro il compito, permettendogli di lavorare lontano da occhi indiscreti. Bloccare con la catena la ruota anteriore, invece del telaio di quella posteriore; oppure chiudere la ruota dietro, dimenticando però di assicurarla a un albero, un palo, una ringhiera metallica. Ogni errore tattico, una bici scomparsa: siamo a quota sei, mi pare. Forse anche qualcuna in più: ho perso il conto. Andrea è un recordman. Gettonatissimo da tutti i ladri di biciclette del circondario, si è fatto portare via di tutto: da catorci di recupero, assolutamente inguardabili, a bici nuove, comprate apposta per lui. Un uomo, un mito.
Peccato che stavolta la vittima sia il mio glorioso velocipede: regalo di Jurassico, era corredata di una catena grossa così, con un lucchetto imponente e una lunghezza fuori catalogo. Una catena acquistata in Austria: si poteva legare il mezzo anche a una quercia secolare, se necessario. Mio figlio, eternamente di corsa, non trovando un palo a portata di mano, l’ha arrotolata alla ruota. Punto.
Roba da ammazzarlo: solo che poi mi commuovo, quando leggo il suo sms di outing, nel quale mi promette di comprarmi di tasca sua una due ruote nuova. Così, decido di non fargli pagare il danno: alla fine, tutto ciò accade perché vive anche lui col fiato mozzo. Si alza alle sei, per arrivare presto a lezione, e corre sempre come un matto, per avere più tempo per studiare. Non paga, lo accompagno anche in stazione: scapicollandomi come una folle, per tornare abbastanza presto da non far arrivare tardi il marito.
Rimarchevole il mio look: non ancora truccata, occhiali sul naso, ciocca laterale sinistra stile pagoda; maglione in pile del ’97, jeans zampati e con l’orlo consumato, databili 2001 al massimo, mocassini in tinta simpaticamente contrastante, indossati sul piede scalzo. Il tutto accompagnato da una pochette nera da sera, però: il tocco di eleganza che fa la differenza.  
Al mio rientro, Jurassico mi prepara due macchiatoni per tirarmi su: mi scaldo mezza focaccina antidepressiva, quando un richiamo disperato mi trascina di volata in camera della zia. Stamattina la poverina si è svegliata con tre ore di anticipo, con i giramenti di testa.
Mi ci vuole un quarto d’ora per sistemarla (almeno un po’): poi, chiede di tornare a letto. Non prima di avermi implorato di trovarle un prete, perché sente avvicinarsi la fine. Una fine che invoca, tra parentesi: mannaggia. Le ci vorrà un po’ per adattarsi alla sua nuova condizione: non è in pericolo di vita, in realtà, ma questa mancanza di autonomia insorta d’improvviso è dura da digerire. E non solo per lei.
Cerco di rassicurarla un po’, poi mi dileguo.
Trovo la focaccina pietrificata e il caffè freddo. Una pena, non una colazione, la mia.
Mi vado a lavare e truccare, salvo accorgermi che devo ancora tirar fuori i maglioni a Jurassico: dato che indossa sempre i soliti due, non mi sono resa conto che il suo cassetto è ancora infestato da T-shirt. Cercando una scaletta, per eseguire un immediato cambio di stagione, mi rendo conto che la mia casa è disseminata di oggetti fuori posto: la camera dove ho installato la zia sarebbe il nostro guardaroba. Ecco perché ora conserviamo l’asse da stiro in ingresso giù e lo stender per gli abiti stirati in corridoio di sopra. La mancanza di tempo cronica cui mi condanna l’accudimento della zia ha reso la mia casa una topaia incasinata in ogni angolo, mentre io mi ritrovo sempre con sei o sette attività in corso. Nessuna delle quali destinata a essere conclusa. 
Se poi, come stamattina, ci si mettono anche i problemi di viabilità provocati dal traffico di camion nella nostra minuscola stradina, si arriva addirittura al delirio. Con la zia addormentata, il campanello è suonato due o tre volte, e siamo stati costretti a una girandola assurda per trovar posto all'auto della nostra colf. 
In tutto questo, Jurassico ed io ci cacciamo dentro anche gli impegni mondani: come quello, memorabile, di ieri sera.
Che vi racconterò domani, però: ora devo scappare. Il tempo per me è esaurito, per oggi!

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