Amari risvegli
Jurassico,
al solito, si sveglia prima di me, riportandomi bruscamente a uno stato di
coscienza: o presunto tale. E’ più una semi-incoscienza, la mia.
Fissandomi
desolata nello specchio, tento inutilmente di cardare la matassa che ho in
testa: ottenendo solo di restare col pettine incastrato in mezzo al covone.
Desisto
dall’impresa, riservandomi di ritentare in seguito, con l’ausilio di balsamo e
fiumi d’acqua. Mi insaccoccio nella prima vestaglietta che mi capita sottomano,
e mi avventuro fuori dalla mia camera da letto: avendo scelto uno straccio con
una fantasia a tratti leopardata, sembro uscita da un cartone dei
Flintstones.
Vedo
una lama di luce filtrare dalla stanza della Miss: m’introduco furtiva, per un
bacetto mattutino. La trovo alle prese con piastra e pennelli: quella è bella
di suo, ma per sentirsi tale si deve trasformare in qualcosa di diverso da sé.
Perché
siamo così assurde, noi donne? Perché ci sottoponiamo a estenuanti manovre per
lisciare i ricci, arrotare gli spaghetti, trasformare la pece in pirite e
viceversa?
Mah.
Ci
voleva anche il nuovo taglio: una può contare su due occhi grandi come fanali,
e li va a celare con un’improvvida frangetta a mezz’asta. L’ammazzerei.
La
sua voce squillante mi distoglie dalle mie elucubrazioni, riportandomi alla mia
personale, triste realtà: “Buffo pennuto!”
SMACK!
“Ma
guardala, con i suoi ridicoli capelli color paglia!”
OK, penso,
entro una settimana, tinta: qui le
stoppie vanno spente.
“Buongiorno,
Piumetta. Hai fatto colazione?” rispondo, sperando di deviare la conversazione.
“No,
adesso arrivo e mi mangio uno yogurt.”
“Ti
aspetto in cucina…” chiudo, svignandomela in fretta. Raggiungo il marito, che
nel frattempo mi ha preparato un cappuccino.
Una
serie di tonfi sordi segnala la discesa a terra del gaglioffo, che fa la sua
comparsa sulla soglia: dopo un neutro Buongiorno…
, si serve il consueto mezzo litro
di latte, condito con un etto di cereali. Mi chiedo dove metta tutta la roba
che mangia, ‘sto lupo.
“Gnmn,
hai preparato le focaccine?” mi chiede, ruminando ciambelline all’avena.
“Sì.
Ora te ne impacchetto una.”
Scuola
nuova, vita vecchia.
Ieri
pomeriggio l’uomo mi ha affrontato con aria polemica: “Ueh, qui. Qualcuno ha
pensato alla mia merenda, oppure devo andare a comprarmela AL DISTRIBUTORE
AUTOMATICO???”
Mio
figlio è leggermente abituato bene. Appena un po’.
Ma
essendo una nemica giurata degli alimenti in busta, mi adatto al ruolo:
difatti, ho sfornato le solite due dozzine di focaccine.
Jurassico
ed io facciamo colazione, mentre i due svaniscono nel nulla: una esce di casa,
l’altro entra in camera sua, per raccattare tutti i suoi libri.
Dopo
alcuni minuti, rientra: senza una parola, gli porgo la famosa merenda.
“Mamma,
adesso ti fotografo, poi ti metto su Youtube, con il commento: ecco come il sonno può ridurre una persona…”
Certo
che ‘sti figli non me ne perdonano una. Impietosi.
“Ciao,
mamma, vado. Per favore, sistemati, prima di uscire!” si raccomanda.
Per
poi andarsene definitivamente, borbottando: “ Accidenti, ‘sta cartella pesa
ogni giorno di più… E’ davvero finita. La mia libertà è finita per sempre!”
Già.
La sua, libertà. E la mia? Che non sono padrona di essere un mostro nemmeno
appena sveglia???
Ok,
ok. Ha ragione lui: non posso guardami nemmeno riflessa sullo schermo. Vado a
restaurarmi.
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