Centro commerciale, che passione
Regalo
di compleanno differito: giro di shopping con la Miss. Armate di tempo e
denaro, le due Valentine di casa partono, alla volta del centro commerciale
preferito dalla signorina.
La
sottoscritta, pur riconoscendone la comodità, non ama troppo tali templi del consumismo.
Tuttavia, se le vetrine, affollate di manichini strizzati in abitini minuscoli,
non polarizzano la mia attenzione, almeno la popolazione umana si presta a
interessanti osservazioni. Bisogna dire che la gente osa. Che abbia fisico o
no, osa. Con risultati discutibili: parliamone.
La
lanciatissima: dotata del fisico e del volto di Pipino, l’hobbit del Signore degli
Anelli, tenta comunque un outfit da
Gisele. Dal vestito grondante veli, rigorosamente asimmetrici, fino allo stivale
a mezz’asta, non si è fatta mancare nulla: ad aggravare la situazione – già tragica
– si aggiunge il tuffo nel profumo. Costei ha scelto una fragranza così
aggressiva da poter essere qualificata come arma chimica: e ha pure abbondato. Al
suo passaggio, appassiscono anche le piante finte nelle fioriere. Quanto a me,
che sono allergica ai profumi, me la dò a gambe, atterrita.
La
mammina stagionata: no, non sono io. O, meglio, io sono stagionata e anche
mammina, ma cerco di ricordarmelo. Viceversa, c’è qualche esemplare, già
primipara attempata, che crede di godere di una seconda giovinezza, poiché si
trascina dietro una creatura in età scolare: e si veste come lei. Anzi, peggio
di lei. La figlia sembra una piccola donna, mentre mamma esibisce short –
completi di teleangectasie in bellavista – micromaglietta, sneakers e
cappellino da baseball. Non mancano le
treccine: Pippi Calzelunghe, mi sembra. Con le rughe, però: decisamente
inquietante.
Se mi vestissi così, sono certa che mia figlia fingerebbe di non conoscermi.
Infine,
le signoracce d’attacco. Quelle si annidano alla tavola calda: costrette alla
fila, come tutti, scalpitano. Una cosa che osservo spesso, negli Italiani in
coda: diventano nervosi, litigiosi e terrorizzati che qualcuno freghi loro il
posto. Osservandoli in faccia, ti aspetti che inizino a ringhiare: e alcuni lo
fanno veramente.
Le
nostre, in coda dopo di noi, iniziano una manovra di penetrazione: mettendosi
di taglio, fendono la coda, fino ad arrivare al mobile che contiene i vassoi.
Mobile, questo, giustamente posizionato accanto al banco: quando arriva il tuo
turno, prendi vassoio e posate e ti fai servire. Loro no. Loro sono più furbe
degli altri: e se i vassoi finissero? Se si rimanesse senza forchette? Meglio
procacciarsi tutto con largo anticipo: ed eccole raccogliere il materiale,
passandolo sopra la testa dei malcapitati in coda prima di loro. Sopra le
nostre teste, volteggiano i coltelli: da sperare che l’incaricato di fare da
accettore non se ne lasci sfuggire qualcuno.
Tocco
finale, la presa del vassoio: fondamentale e simbolico quanto lo scudo per l’oplita
spartano, merita una strenua lotta, per essere conquistato. Ecco dunque che la
nostra si fa largo fra i presenti, lo estrae dalla sua collocazione con mossa
secca e decisa, e se lo piazza diretta sotto l’ascella. Non c’è nemmeno bisogno
di dire che la scellerata è senza maniche. Mia figlia e io abbiamo quasi un
mancamento.
C’è
gente che dovrebbe fare un corso, prima di usufruire di spazi comuni. Sono un
fastidio per il prossimo e un pericolo per l’igiene.
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