Angeli custodi di rara efficienza
Il
gaglioffo, reduce da una tre giorni a casa dei nonni, è piuttosto sconvolto
dalle performance ciclistiche di suo cugino. Costui, suo coetaneo, ha preso in
prestito quella della Miss, già notevolmente malconcia a causa dei
maltrattamenti subiti dal filosofo. Quando quello va all’università, squinterna
la due ruote che utilizza: oppure se la fa rubare. A scelta.
Tra parentesi, i due infingardi se la sono presa alla chetichella, per evitare di ricevere un no come risposta.
Forse
per la scarsa efficienza del catorcio, oppure per la poca dimestichezza col
mezzo – pare non la usi molto, a casa – questo non si è rotto l’osso del collo solo
perché il suo angelo custode ha fatto gli strordinari.
Appena
uscito di casa, ha investito un’auto in manovra, in un parcheggio: conseguenza
del fatto di essersi voltato a parlare con mio figlio. Per fortuna, nessun
danno: sacrosanta arrabbiatura dell’autista a parte, naturalmente. Che ha
rischiato l’infarto per lo spavento.
Non
pago, il ragazzo ha infilato per ben due volte lo stesso paletto, una volta
rischiando la lesione al menisco – già indebolito da un grave incidente
calcistico – l’altra volando per terra, disarcionato dal colpo.
Indimenticabili, per mio figlio, i lamenti di suo cugino, che ululava “Ahiaaaa!!!”,
celato dalle ombre della sera.
Quando
parcheggiava la bici, lo faceva sempre davanti al roseto della nonna: facendola
regolarmente precipitare in mezzo ai rami, irti di aculei. Ogni volta, un’esperienza
graffiante, andare ai recuperi.
L’ultimo
episodio, risoltosi per fortuna senza conseguenze, ha avuto una dinamica
contorta: stretto nella mano destra, il ragazzo aveva un sacchetto, contenete
un joystick, tenuto penzoloni dietro alla spalla. Sulla destra, ahinoi, sono
collocati anche i comandi del cambio: volendo azionarli, il nostro molla il
manubrio, cercando di cambiare con la mano sinistra. Va da sé che si ribalta,
finendo sul selciato: del marciapiede, per fortuna, e non sotto alle ruote
delle macchine in transito. Il frastuono prodotto dallo schianto, in aggiunta
alle strombazzate di tutti gli automobilisti presenti alla scena, attirano l’attenzione
di mio figlio, che si gira: per vedere il cugino alzarsi flemmatico, ignorare
le condizioni della bici – illesa, come lui, del resto – snobbando anche i clascson,
concentrando la sua attenzione sul prezioso pezzo di hardware conservato nella
bustina. Una volta stabilito che anche quello non ha subito danni, il giovane
afferra disinvolto la bici, ripartendo come nulla fosse verso la casa dei
nonni.
Ora
mi agita un dubbio: il ragazzino è così imbranato perché non usa mai la bici,
oppure non gli permettono di usare la bici perché è troppo impedito?
Comunque
sia, la prossima volta che verrà qui mi assicurerò che non venga a rifornirsi di
biciclette a casa mia. Pur consapevole che un quattordicenne in bici spesso è un cane sciolto, questo supera gli standard di sventatezza tipici dell'età: non vorrei trovarmi con un nipote sulla coscienza.
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